DAY 43: KAZAKHSTAN – Semey

 

Mi avevano detto che le strade del Kazakistan erano brutte per via dei profondi solchi sull’asfalto lasciati dai mezzi pesanti, ma non immaginavo tanto. Pensavo che quelle uzbeke avessero il primato, ma mi sbagliavo.

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Oggi sono partito presto da Almaty in modo da compiere oltre metà del tragitto che mi separava dal confine russo. Il Kazakistan, eccetto Almaty che è una città in stile europeo, non è altro che una interminabile distesa di praterie attraversate da una strada che, inizialmente, per un centinaio di chilometri, si presenta a due corsie e con buon asfalto e, successivamente, per i restanti 750 chilometri è in uno stato via via sempre più disastroso.
Oltre ai solchi longitudinali, quelli dei camion per intendersi, l’asfalto presenta dei corrugamenti orizzontali inspiegabili, una specie di “toule ondulèe”, ed inoltre è costellato di buche a macchia di leopardo con alcuni crateri profondi 15-20 cm e presumibile assenza di manutenzione da oltre un ventennio.
Sono state tanti e tali le scosse e le vibrazioni che, a metà strada circa, la lampadina del faro è morta.

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Cambiarla significava destinare la nuova a sicura morte in meno di un paio di chilometri, ma non potevo permettere che il tramonto mi trovasse ancora lontano dall’arrivo e, in quelle condizioni di strada, superare la velocità di 20-30 km/h era difficile o impossibile.
Al danno si è pure aggiunta la beffa perché in un rettilineo in discesa, dopo 150 km di inferno, mi accorgo che la strada sembrava migliorare. Ne approfitto per incrementare la velocità e quando controllo nel tachimetro di aver raggiunto i 75 km/h vengo fotografato da una pattuglia di “poliziotti” opportunamente nascosta dietro una pompa di benzina in disuso, con il solo e semplice obiettivo di taglieggiare chiunque passasse di là. Me compreso. Ho dovuto lasciare sul campo qualcosa come 15 euro di estorsione.
Ho percorso l’intero tragitto in 11 ore e 25 minuti ininterrotti di guida, compreso gli ultimo 9 km di sterrato puro (deviazione al percorso principale per ammodernamento).


Solo un momento allegro: l’incontro con due motociclisti inglesi che mi hanno lampeggiato e fatto segno di volersi accostare. Ho scoperto che sono partiti dall’Inghilterra per percorrere Europa, Russia, e poi Kazakistan, Kirghisistan e Cina, con l’intento di fermarsi in Cambogia. E’ stato un momento molto bello, l’unico in una giornata d’inferno.
Penso che la civiltà di un popolo sia direttamente proporzionale allo stato delle strade. Così ho fatto due semplici considerazioni. La prima: il kazakistan non è un paese civile. La seconda, forse meno ovvia: in Italia da tempo abbiamo smesso di aggiustare le nostre strade……. meditate genti… meditate.

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