Ho fissato la partenza per il mio viaggio in giro per il mondo in moto! Ebbene sì, io, la mia moto, e per un tratto mia moglie, partiremo il 16 luglio 2016 alle ore 10.00 in punto.
Ma nella realtà di partenze ce ne sono state tante…
Sono partito il giorno che ho deciso di compiere il mio giro del mondo.
Sono partito ancora tutte le volte che ho dato vita ai vari preparativi.
Sono partito quando ho cominciato a pensare alle zone da attraversare e a cosa visitare.
Sono partito e ripartito ancora ogni volta che ho dovuto modificare il mio tragitto.
In primo luogo ho cominciato con il segnare sulla mappa il possibile percorso: e mentre il pennarello correva sul foglio già stavo realizzando il mio sogno. Ovviamente il sogno è sempre tale e la realtà è cosa assai diversa, per cui ho cancellato via via i tratti in quelle zone difficilmente attraversabili.
La via da percorre negli stati del centro Asia non è stata facile. Tra le possibili rotte alla fine ha prevalso l’attraversare, dopo la Turchia, l’Iran per arrivare a Samarcanda. Impossibile quasi, invece, percorrere le strade cinesi. Per questo ho eliminato la Cina e ho cominciato a pensare di operare una scelta: andare verso Oriente e seguire la rotta a Sud verso Pakistan e India oppure virare a Nord lungo la Transiberiana.
Dopo giorni di riflessioni ho scelto il Nord, la via russa, anche per il fatto che ero già stato in India e Nepal e quindi andare a vedere terre nuove sarebbe stato per me più emozionante. In più la strada costeggia in qualche modo la Mongolia e questo è stato un’ulteriore spinta entusiasta solo all’idea di poter dormire in una yurta. Fare questo percorso mi avrebbe facilitato la possibilità di vedere il Giappone e successivamente la Corea.
Una volta stilato il programma occorreva capire come affrontare la questione dei visti, uno dei problemi più critici dato che essi sono, tra le formalità burocratiche a cui il viaggiatore è sottoposto, le cose più difficili da ottenere. L’idea di fare viaggi dalla mia città verso Roma per chiedere ai vari consolati non mi è sembrata percorribile anche per via del tempo da impiegare, del dispendio di energie e non ultimo del costo. Decido quindi di affidarmi ad una agenzia.
Spediti i passaporti dopo meno di 20 giorni cominciano i primi veri problemi. Occorre chiedere un visto business per la Russia perché i trenta giorni del visto turistico, viaggiando in moto, potrebbero non bastare. Do indicazioni di procedere all’agenzia in tal senso affidandomi completamente alla loro competenza. L’agenzia romana provvede a farmi avere una lettera di invito e con questa viene presentata la relativa richiesta al consolato.
Quindici giorni dopo ricevo una telefonata dall’addetto dell’agenzia che in maniera perentoria mi annuncia che il visto era stato bloccato e che il console russo mi voleva vedere di persona. Non mi restava che prendere il primo volo per Roma e incontrare appunto il console.
Dopo un po’ di anticamera finalmente venivo ricevuto da un distinto signore dai capelli chiari che parlava bene l’italiano anche se con un forte accento russo e che ribadiva l’impossibilità per me di avere il visto con incluse tutte le città siberiane che avevo citato all’interno della richiesta scritta.
Dopo lunghi minuti di spiegazione e una volta chiarito l’equivoco, mi assicurava sul rilascio del visto con una nuova lettera di invito. Concludevamo così la conversazione con le mie richieste di informazioni relative alle strade ed al clima nel mese di settembre e lui con alcune domande sulla Sicilia e con una calorosa e salda stretta di mano.
Dieci giorni dopo il visto era nuovamente bloccato, senza una ragione apparente. Di riprendere un secondo volo verso Roma non avevo nessuna voglia. Tempesto di telefonate il consolato e successivamente invio una serie di mail, senza poter parlare con il mio nuovo “amico console”. Disperato e quasi in procinto di rifare il biglietto aereo per Roma, faccio un ultimo tentativo: scrivo una mail in russo in caratteri cirillici.
Passo buona parte della notte a formare frasi semplici utilizzando “Google Traslate” e alle prime luci dell’alba invio, incrociando le dita, questa ultima mail. Alle 13.00 dello stesso giorno, incredibilmente, un addetto dell’agenzia mi chiama per dirmi finalmente che aveva il visto, con le scuse del Consolato per il disguido.
Un unico neo: hanno concesso un visto per soli 36 giorni con scadenza il giorno preciso in cui dovrei prendere il traghetto per il Giappone. Come dire: sarebbe forse bastato richiedere il solo visto turistico anche perché se la nave per il Giappone non dovesse salpare il 28 settembre prossimo, divento un clandestino in territorio russo.
In parallelo ho richiesto altri visti, alcuni dei quali vincolati all’ottenimento degli altri limitrofi: è il caso del Turkmenistan il quale visto viene rilasciato a condizione e dopo avere ottenuto quelli dell’Iran e dell’Uzbekistan, cioè il paese da cui si arriva e quello che si vuole raggiungere.
Il visto turkmeno va richiesto al consolato di Parigi che è competente per l’area italiana, ma diversi amici viaggiatori e anche alcune agenzie contattate mi danno indicazione che è di difficile ottenimento. Penso allora di richiederlo al consolato in Austria, ma questo mi rimanda nuovamente a quello parigino e successivamente a quello Inglese. Quest’ultimo mi stila l’elenco di tutti i documenti da fornire, quindi implicitamente penso che sia propenso al rilascio del permesso.
Il tempo passa e a soli venti giorni dalla partenza sarebbe stato davvero rischioso spedire i passaporti a Londra per la richiesta. Su indicazione di un’altra agenzia richiedo un visto turistico a prezzo maggiorato, senza conoscere però di quanto maggiorato…
Non è stato difficile scoprirlo: circa 1100 dollari!!! Tutto ciò per attraversare il paese in tre giorni, con il supporto di un addetto turistico che mi scorta per l’intera permanenza: dalla frontiera all’albergo (incluso nel prezzo), l’indomani nuovamente lungo il percorso fino a Darvazza (dove vedrò i famosi crateri) dormendo in un campo tendato fino al terzo giorno accompagnandomi alla frontiera con l’Uzbekistan. Ovviamente in tutto questo l’unica cosa certa è quella di aver già versato all’agenzia turistica italiana la somma relativa al loro compenso. Il resto verrà pagato in loco in dollari ed in contanti determinando grossi dubbi sul possesso di moneta contante, sulle dichiarazioni alla frontiere e sul rischio di essere derubato dallo stesso funzionario prima ancora di lasciare il posto di frontiera.
Non ultimo, il rilascio della patente internazionale. Richiedendo informazioni in motorizzazione ho scoperto l’esistenza di ben due patenti internazionali: una che è prevista per la convenzione internazionale del 1968 e un’altra per quella del 1942.
Così chiedo quella più recente, pensando che fosse la più appropriata, salvo poi a scoprire che, per esempio, per il Giappone occorre avere quella del 1942 e che quindi dovrò partire dall’Italia con ben due patenti internazionali…
Intanto il 16 luglio si parte.