DAY 20: SHIRAZ – Iran

Oggi abbiamo visitato l’Amaragah-e Shah-e Cheragh, ovvero il Mausoleo del Re della Luce, un magnifico santuario in cui riposano le spoglie di Sayyed Myr Ahmad, fratello dell’Imam Reza, inseguito e ucciso proprio in questo luogo. Arriviamo titubanti alla porta.

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Mi fanno tornare indietro perché le donne hanno un’entrata separata. Mi incammino tranquilla, in fondo nella mia guida è scritto che difficilmente ti fanno entrare se non sei musulmana e che se dovessero farlo ti obbligano ad un chador che puoi affittare. Entro in un ambiente piccolo separato da tende dagli altri ambienti. Mi aspetto che mi dicano subito di uscire fuori, invece, dentro trovo delle donne che stanno indossando il chador aggiuntivo sui già tanti vestiti e veli mentre altre due donne, vestite quasi come le nostre suore, mi invitano a sedermi.
Una delle due donne porta una fascia che la contraddistingue dove è scritto Affari Internazionali, mi guarda severamente e mi dice di aspettare. Dico all’altra donna che sono già abbastanza coperta, ma lei sorride e mi fa segno di pazientare. Lo faccio volentieri e aspetto. La donna rientra con un chador che mi fa indossare, avvolgendomelo addosso, non prima di avermi fatto togliere con un fazzolettino imbevuto qualsiasi segno di trucco. Mi invita a seguirla ed io, così bardata, esco nel meraviglioso cortile interno della moschea, dove posso ammirare le arcate decorate con le maioliche e la bellissima cupola.
Ritrovo Coco che mi guarda meravigliato, gli chiedo se ha pagato per il mio chador, ma lui non ne sa nulla. La donna ci fa segno di seguirla: togliamo le scarpe ed entriamo in un ambiente molto grande, coperto di tappeti con uomini e donne che pregano. Da due porte laterali si vedono ambienti pieni di specchi e di luce, con tappeti meravigliosi e colonne luccicanti. Un uomo vestito di nero e con la stessa fascia della donna, prende in consegna Coco, e lo invita verso una delle porte, mentre io e la donna ci avviciniamo alla seconda porta: sono le due zone per la preghiera, una riservata alle donne e una agli uomini.

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E’ uno sfavillare di luci e di specchi, fino alla tomba di Ahmad. Io infedele, sono entrata nella parte più intima della moschea dove donne e bambine pregano inginocchiate e rivolte alla Mecca. La donna mi spiega il significato dei gesti della preghiera e anche gli strumenti che si usano: la corona con i grani per la recita delle giustificazioni, la tavoletta da poggiare sulla fronte per pulire dai peccati. Poi mi fa avvicinare alla tomba, non posso toccarla come fanno tutti, ma posso vedere quanta devozione essi hanno e questo mi ricorda il gesto cristiano di toccare le vesti della Madonna o dei santi. In particolare mi ricorda la Porziuncola di Assisi, dove prima di entrare, la mia amica Daniela mi ha insegnato a toccare la pietra dell’ingresso, appoggiandovi il capo.

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E’ un’esperienza unica… la donna mi fa vedere i dettami che tutti devono leggere, gli scaffali con dentro tante copie del Corano, gli angoli più nascosti di questo enorme ambiente. Mi stupisco nel vedere che alla mia richiesta di una foto di questa donna gentile che mi ha fatto da guida, lei acconsente, non senza prima sistemarmi il chador ben bene intorno al viso. Ci salutiamo con molto affetto e io le dico che la conserverò nel mio cuore, lei mi ringrazia e mi dice che anche lei ricorderà me. Poi saluta Coco e gli consegna il “Messaggio ai giovani occidentali” scritto nel 2015 da Seyyed Ali Khamenei, in cui si leggono le ragioni dei Musulmani e la speranza in un futuro migliore per il mondo.
Mi allontano pensando che non c’è grande differenza fra noi quando preghiamo con il cuore e quelle persone che ho visto pregare con lo stesso trasporto. Avrei potuto farlo anche io, perché se un Dio c’è, si chiamerà in qualche modo, ma sono sicura che è unico per tutta l’umanità…

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